Trama: Nel kdrama Flower of Evil (traduzione: fiore del male), un articolo giornalistico riporta al centro dell’attenzione una serie di omicidi avvenuti anni prima in un piccolo villaggio. Il serial killer si è suicidato da tempo, ma diversi misteri irrisolti aleggiano intorno al caso e finiscono con lo sconvolgere la vita apparentemente perfetta di una detective e della sua famiglia.
Recensione: È insolito che una storia d’amore tra due persone sposate sia così incredibilmente romantica. Ma questo kdrama svetta da tutti i punti di vista. Il protagonista è un personaggio emozionante, interpretato in modo impeccabile da Lee Joon-Gi, già al centro di Moon Lovers: Scarlet Heart Ryeo: con uno sguardo o un lieve tremore riesce a rendere sfumature di stato d’animo sottilissime (mandando all’aria, tra l’altro, ogni definizione sulle cosiddette personalità “anti-sociali”). E la moglie detective è indimenticabile. Fa venire voglia di urlare forte quanto lei, contro certe ingiustizie e disumanità. E la sua principale caratteristica («crede solo in quello che vede»), invece di rimandare alla chiusura e alla grettezza, apre alla comprensione e a una ricerca della verità instancabile. La trama di Flower of Evil è mozzafiato e insolita: chi siano i veri mostri, è tutto da dimostrare. Forse l’atmosfera un po’ cupa, tra il sospetto sempre in agguato e gli omicidi seriali, all’inizio potrebbe scoraggiare qualche spettatore. Ma se c’è una serie con cui rischiare un genere che di solito non si predilige, è questa.
Trama: Nel kdrama Just Between Lovers (noto anche come Rain or Shine), sono passati ormai dieci anni dall’improvviso crollo di un centro commerciale a Seul che ha ucciso 48 persone e stravolto innumerevoli vite. Adesso, un’impresa vuole costruire un nuovo stabile su quello stesso terreno. A occuparsi del lavoro è il figlio dell’architetto che aveva progettato la struttura crollata. E finisce con il coinvolgere nell’impresa due ragazzi miracolosamente sopravvissuti alla tragedia.
Che cosa significa il titolo Just Between Lovers? Il titolo inglese del kdrama, Just Between Lovers (“semplicemente, quello che accade tra due innamorati”), ricalca quello originale coreano: “Semplicemente, una storia d’amore”. Il kdrama è noto anche con il titolo Rain or Shine, “pioggia o sole”.
Recensione: Non ci sono solo le vittime conteggiate. Quando accade qualcosa di brutto, tante vite restano segnate indelebilmente. In questo kdrama, il crollo di una struttura commerciale a distanza di dieci anni non lascia ancora in pace nessuna delle persone coinvolte: non solo i due ragazzi sopravvissuti e il figlio dell’architetto, ma anche i figli del costruttore, gli operai che ci lavorarono e le loro famiglie, e poi genitori, mogli, mariti, figli delle persone rimaste uccise. Come se non ci si potesse mai liberare da un dolore così. Eppure, nello stesso tempo, tra quelle persone c’è chi ce la mette tutta per vivere con pienezza. Convive col dolore, ne porta i segni e cerca di lenire quelli degli altri; ma al centro del suo cuore ci sono legami vitali, desideri profondi e tanta passione… Just Between Lovers dev’essere stato scritto da qualcuno che sapeva di che cosa stava parlando, perché quello che succede tra i personaggi, i dialoghi, ogni singola parola usata sono straordinariamente appropriati. E quel che resta è la vita, non la morte. È uno spiraglio di luce.
Curiosità: L’evento evocato nel kdrama, il crollo di un centro commerciale a Seul, prende purtroppo spunto dalla realtà. Una delle tragedie che più hanno segnato la storia coreana recente è proprio il crollo del centro commerciale Sampoong, a Seul, il 29 giugno 1995: morirono 502 persone e quasi mille restarono ferite, solo per la malafede di proprietario e costruttori. Un incidente simile viene evocato anche in ARGON e in Chocolate.
Trama: Tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, gli uccelli possono muoversi liberamente. Ma le persone, no. Per questo, nel kdrama CRASH LANDING ON YOU è un grosso guaio quando una ricca imprenditrice del Sud, uscita in parapendio, viene trascinata oltre il confine da una tromba d’aria. Per sua fortuna, si imbatte in un capitano delle Forze speciali nordcoreane che rinuncia a denunciarla alle autorità e accetta di nasconderla, mentre cerca di farla rimpatriare con ogni mezzo.
Che cosa vuol dire CRASH LANDING ON YOU? Il titolo CRASH LANDING ON YOU è un gioco di parole romantico che prende spunto dalla trama del kdrama, dove la protagonista Yoon Se-Ri precipita con il parapendio. In inglese, l’espressione “crash landing” vuol dire “atterraggio di fortuna”. Quindi CRASH LANDING ON YOU vuol dire “atterraggio di fortuna su di te”. C’è un ulteriore gioco con la parola “crush“, che vuol dire anche cotta, infatuazione. In coreano la serie si intitola 사랑의 불시착, Sarang-uibulsichak, ovvero “L’atterraggio d’emergenza dell’amore”.
Dov’è stato girato CRASH LANDING ON YOU? La serie è stata girata per la gran parte in Corea del Sud. Ad esempio, il bosco dove Yoon Se-Ri precipita è una riserva dell’isola di Jeju; il villaggio nordcoreano del capitano Ri è a Taean, a tre ore da Seul; l’albergo di Pyongyang è il Commodore Hotel di Busan. Le scene in Svizzera sono effettivamente state girate in Svizzera: tra le location, il molo di Iseltwald per la scena del pianoforte, il ponte panoramico di Sigriswil per la scena della foto, ancora Zurigo e Grindelwald. Il viaggio in treno, invece, è stato girato nelle distese verdi della Mongolia.
Recensione: Prima di CRASH LANDING ON YOU, era difficile immaginare che una serie tv potesse cercare di fare tanto. E di farlo così bene. Dopo averla vista, ci si ritrova ad avere un pensiero nuovo, infinitamente più umano, sulla drammatica divisione delle due Coree e sulla Corea del Nord. CRASH mostra quello che c’è da mostrare su quel Paese, non addolcisce né risparmia nulla allo spettatore. Ma è come se, invece di calcare sulle divergenze inconciliabili con il Sud, e sul male, cercasse di aiutare la comprensione reciproca tra i due popoli, di riavvicinarli. Non a caso, la parola «riunificazione» viene pronunciata a più riprese dalla protagonista. Inaudito e grandioso: una serie tv operatrice di pace. Ma non si tratta solo di questo. CRASH restituisce qualcosa di importantissimo sull’amore, quasi mai rappresentato con tale chiarezza. Ha a che fare con il fatto che nella vita si debbano fare delle scelte, che tutto non si possa avere, e che chi vuole vivere un amore così grande debba essere disposto a rinunciare a qualcosa… Ricorda i bellissimi discorsi sull’anima gemella (forse gli unici discorsi sull’anima gemella che valga la pena di conoscere e ricordare) di un’altra opera capolavoro, il manga Glass No Kamen di Miuchi Suzue. Si percepisce quasi fisicamente quanta passione e serietà ci siano volute per girare un kdrama a questa altezza.
Camei: Nell’episodio 11 di CRASH LANDING ON YOU fa un cameo Kim Soo-Hyun, anche protagonista di It’s Ok To Not Be Ok. Interpreta il suo personaggio del film del 2013 Secretly Greatly, una spia coreana che si finge un garzone di ristorante a Seul.
Curiosità: Nota per i più romantici: dopo CRASH LANDING ON YOU, Hyun Bin e Son Ye-jin si sono fidanzati, si sono sposati (marzo 2022) e hanno concepito il loro primo figlio.
CRASH LANDING ON YOU è stato il primo kdrama che ho visto, il motivo per cui mi sono appassionato tanto alle serie coreane da creare un blog per farle conoscere il più possibile.
Trama: Nel kdrama It’s Okay to Not Be Okay c’è un’autrice di fiabe geniali, che sembra lei stessa una principessa, per quanto è bella. Ma ha un carattere, e un modo di fare e di parlare così selvatici, quasi feroci, da sembrare folle. E poi ci sono due fratelli che vivono assieme, abituati a prendersi cura l’uno dell’altro fin da bambini. Il minore fa l’operatore sanitario, ha occhi luminosi ma uno sguardo sempre venato di tristezza, persino quando sorride. Il maggiore ha un disturbo dello spettro autistico e un talento per la pittura sorprendente. I loro destini si intrecciano ad alcuni fatti misteriosi che accadono nell’ospedale psichiatrico del paesino dove un tempo vivevano con i rispettivi genitori, sulla riva del mare.
Recensione: Ogni episodio di It’s Okay to Not Be Okay ha il titolo di una fiaba celebre, o di una delle cinque scritte dalla protagonista. Forse l’idea è quella di mostrare l’essenza delle fiabe, che sono tutto fuorché rassicuranti. In effetti, alcuni passaggi di questo kdrama possono inquietare. E ci sono personaggi che ne hanno passate davvero tante ma che, come se non bastasse, devono metterci ancora più coraggio e più forza di tutti gli altri per riuscire ad avere un piccolo assaggio di felicità. Eppure, anche se suona un po’ paradossale, It’s Okay si può vedere e rivedere perché ci sono cose che consolano profondamente. Ad esempio, come i due fratelli si comportino l’uno con l’altro. O il modo di fare del direttore dell’ospedale psichiatrico o della cuoca. O la scrittrice di fiabe, un personaggio ancorato alla realtà ma coraggioso, schietto, eroico. E poi le fiabe originali del kdrama sono efficacissime, alcune canzoni della colonna sono poesia pura… In sintesi, It’s Okay to Not Be Okay è uno dei kdrama per i quali essere più grati.
La canzone: Una delle cose più belle del kdrama It’s Okay to Not Be Okay, è la canzone Halleluja! di Kim Feel, interprete anche di alcuni brani della colonna sonora di Itaewon Class (un gioiello da ascoltare). Halleluja! combina musica e testo come una magia. Eccola, con la traduzione in inglese.
Le fiabe di Ko Mun-Yeong: Nel kdrama, le fiabe scritte da Ko Mun-yeong sono cinque. Sono disponibili sulla pagina Instagram, laformicamitomane.
Citazioni: «Scrivere fiabe è l’unico modo che Ko Mun-Yeong ha di comunicare con il mondo. È il solo modo per parlare e per respirare. Smettere di scrivere per lei significa morire».
«Una fiaba è una fantasia crudele che rappresenta la brutalità e la violenza del mondo in modo paradossale».
«Una fiaba non è un allucinogeno che regala sogni e speranze. È uno stimolante per affrontare la realtà. Vi invito a leggere moltissime fiabe per svegliarvi dai vostri sogni. Non guardate le stelle nel cielo notturno, ma i vostri piedi bloccati in una lurida fogna. Quando lo capirete e accetterete la realtà, everybody be happy».
Trama: Nel kdrama HOSPITAL + PLAYLIST cinque medici sui 40 anni, ognuno con una specialità diversa, amici fin dai tempi dell’università, per la prima volta si ritrovano a lavorare nello stesso ospedale. E lo trasformano in un luogo straordinario.
Recensione: I cinque medici protagonisti si conoscono dai tempi dell’università, e sono amici. Ovvero, conoscono le passioni l’uno dell’altro, si comprendono in profondità, amano suonare e cantare assieme, si stimano a vicenda tantissimo, senza gelosie, e in tanti anni non si sono mai persi. Vivono il loro lavoro ognuno in modo diverso, con il proprio stile: con i pazienti c’è chi è più espansivo e chi più secco. Ma danno tutti grande attenzione alle persone che hanno in cura, e innanzitutto le trattano con umanità. Si ricordano in ogni momento di quello che i pazienti stanno vivendo: quando trattano con loro tengono ben presente che sono persone che stanno male, sono in difficoltà. E poi cercano di restare aperti: considerano che una madre possa sembrare in un modo ed essere in un altro, che i rapporti familiari possano essere complicati, che la sofferenza per la perdita di una persona cara continui anche quando tutti gli altri se ne sono dimenticati. Questi medici non si sentono al di sopra delle persone che incontrano, né distaccati: sono semplicemente essere umani tra esseri umani, e cercano di fare la loro parte al meglio. Così entrano nel cuore di chi guarda il kdrama. E l’immagine solita che abbiamo degli ospedali, fatta di storie di sofferenza e di meccanismi freddi, a volte disumani, a poco a poco si sgretola. Volendo, potrebbero essere luoghi molto diversi.
Curiosità: Per evitare spoiler, sappiate solo questo: chi vedrà HOSPITAL + PLAYLIST si divertirà a scoprire che Jeon Mi-do (la neurochirurga) ha mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo come cantante. Ha anche inciso una delle canzoni cantate nel kdrama.
Trama: In punizione per aver sbagliato un intervento a un vip, un giovane medico talentuoso e ambizioso viene spedito in campagna, nello scalcagnato ospedale Doldam: struttura fatiscente, attrezzature arretratissime e carenza di personale. Ma poi scopre le abilità eccezionali e il carattere indomito del capo-chirurgo, che tutti chiamano enigmaticamente «Maestro Kim»… Il titolo internazionale della serie coreana Dr. Romantic è: Romantic Doctor, Teacher Kim.
Recensione: È un kdrama sorprendente. Se non siete appassionati del genere medico, non preoccupatevi. È vero che è ambientato in un ospedale, e c’è qualche scena ambientata in sala operatoria. Ma se non le gradite, potete cavarvela chiudendo gli occhi per un momento. Non fatevi frenare, guardate questo kdrama, quella del Maestro Kim, il chirurgo protagonista, è un vita che ispira grandi cose. Dr. Romantic, in realtà, parla soprattutto di uno stile di vita, della scelta di stare al mondo in un certo modo. Ogni puntata è incorniciata da una lettura incredibilmente centrata di tante derive che prende il mondo, dalla società al lavoro (qualcuna è riportata alla fine di questo post, nelle Citazioni). Vedere come agisce in queste situazioni il chirurgo protagonista, il Maestro Kim, e ascoltare quello che dice, è un regalo.
Citazioni: «La vita non è questione di mettersi confronto con gli altri, ma una scelta».
«L’era della subordinazione. Anziché rispettare le persone per la loro abilità o unicità, il mondo le uniforma e le mette sulla bilancia in base alla loro funzione ed utilità. La virtù più alta è diventata la lealtà ad una fazione. Un cosiddetto gruppo di élite da manuale. E il mondo appartiene alle persone che sanno come controllare questo gruppo. Quelli competenti e fiduciosi vengono scartati senza pietà. Ecco com’è diventato strano questo periodo».
«Lavoro tanto che potrei morire. E questo ti dà fastidio?» «Se sai solo come lavorare ma non la ragione per cui lo fai, allora quali sono i tuoi valori?»
«Il Maestro Kim dice che la forza più spaventosa che si può mostrare è fare quello che devi fare, non importa quale sia la situazione».
«Sai cosa? Preferisco le pietre angolari a quelle tonde. Avere degli angoli significa che si ha uno stile unico e un modo di pensare unico. Così, quando vanno a sbattere contro il mondo, trovano continuamente la loro strada, e questo mi piace. Piuttosto che lasciarsi trasportare dalla corrente, uno dovrebbe tenersi le proprie caratteristiche e il proprio modo di pensare, basandosi su ciò in cui crede per crearsi la propria strada».
«La regola del mantenimento del romanticismo. Sebbene molti sappiano che esista, poi pensano il contrario. I meravigliosi valori che si desidera che qualcuno protegga…»
«Vivere è percorrere ogni giorno una nuova strada. Affrontare la realtà ogni singolo giorno, che lo vogliamo o meno. Non possiamo sempre dare la risposta giusta, ma il Maestro Kim dice: “Perché viviamo? Per che cosa viviamo? Non smettete di chiedervelo. Nel momento in cui lo farete, anche il nostro romanticismo finirà. Capito?”»
Trama: Nel kdrama MOVE TO HEAVEN, uno zio ex galeotto e un nipote con la sindrome di Asperger si ritrovano a gestire assieme una ditta di pulizia del trauma. Ovvero, devono riordinare e ripulire le case delle persone defunte, mettendo in salvo con cura i loro oggetti più cari, per consegnarli a chi spettano.
Recensione: La trama di per sé, con il ragazzo che ha la sindrome di Asperger, la ragazza vicina di casa che gli è così legata, lo zio ex galeotto che si sente un alieno precipitato in tutto questo, è inconsueta e toccante. Bella davvero. Ma MOVE TO HEAVEN ha soprattutto il grande merito di parlare della morte. Ai nostri tempi, è un tabù. Tuttalpiù la morte è ridotta a numeri, statistiche e quant’altro. Per il resto, bisogna coinvolgere il prete. Quasi nessuno ha il coraggio di soffermarsi sulla morte in sé. È così inconsueto, come argomento, che non si sa neanche bene come affrontarlo senza ridurlo o usarlo in qualche modo. Invece, i kdrama ci provano: le lasciano spazio partendo dagli spunti più disparati, dando modo a chi guarda di rifletterci su. E MOVE TO HEAVEN lo fa con poesia. Nessun melodramma, nessuna pesantezza, nessun rimestare gratuito nelle emozioni di chi guarda. Solo, tanta umanità. Una piccola perla.
Trama: Nel kdrama Navillera, dopo una vita di sacrifici, un ex postino settantenne vuole finalmente provare a realizzare il sogno che aveva da bambino: diventare un ballerino di danza classica. Nonostante l’ostruzionismo della moglie e dei figli, che provano imbarazzo al solo pensiero di vederlo in body e scarpette, inizia a seguire le lezioni di un giovane danzatore talentuoso, ma ancora molto immaturo. Dando una svolta imprevedibile alle vite di entrambi.
Recensione: Ci sono kdrama che ti cambiano: dopo averli visti, non sei più la stessa persona. Navillera è l’esempio perfetto. Bisogna essere davvero grati allo Studio Dragon. Ci vuole un grandissimo coraggio per girare una serie tv su un postino pensionato che non ha nulla di particolare, se non un vecchio sogno che appare ridicolo e imbarazzante persino alla sua stessa famiglia. E ci vuole la bravura del campione per riuscire a girarlo scardinando luogo comune dopo luogo comune (sulle persone anziane, su quelle giovani, sulla danza, sull’amicizia…), generando tanta speranza in chi lo guarda. Con una trama tanto poco pop, il casting era un’operazione delicatissima. Servivano attori capaci di richiamare il pubblico (e di recitare), vedi Song Kang, uno dei più belli e amati dalle giovanissime, già star di kdrama dal sapore adolescenziale come Love Alarm. Si è dimostrato all’altezza.